Carissimi lettori,

innanzitutto benvenuti in questo nuovo piccolo spazio regalatomi dalla redazione del nostro giornale cittadino che ringrazio. Chi scrive è Alissa Jensen, che forse alcuni di voi già conosceranno come fotografa per gli Studios.

Come già avrete dedotto dal nome della rubrica, nella scelta dei suoi contenuti mi sono lasciata guidare dalla mia vena artistica, e intendo provare a scrivere di arte erotica ma soprattutto di erotismo nell’arte.

La maggior parte di voi si chiederà che gusto ci può essere nella contemplazione di un nudo d’arte quando bastano un paio di click su qualunque motore di ricerca per godere di scenari ben più…ehm…espliciti?

Potrei cercare di rispondere con una lunga parentesi sulla differenza tra nudità ed erotismo, ma lascio l’arduo compito alla splendida rubrica di Mirna e mi affido al vostro buongusto, passando direttamente ad un artista che amo profondamente e che vorrei provare a farvi apprezzare con questo primo articolo: Gustav Klimt.

Viennese, vissuto e operante a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, ha destato scalpore (prima) ed ammirazione (poi) per il suo ruolo di innovatore un po’ sovversivo, sia per la posizione di spicco all’interno del movimento della Secessione austriaca che per stile e contenuti delle sue opere. Ed è proprio di questi ultimi che voglio parlarvi oggi, dato che il soggetto prediletto dal nostro caro Gustav è proprio la figura femminile, osservata e ritratta nei momenti e negli atteggiamenti più svariati e particolari, ma quasi sempre caratterizzata da una sensualità forte, sia essa acerba o matura, lieve e dolce o accesa e provocante.

Immaginiamo di essere stati educati ad apprezzare una figura femminile dalle forme massicce e dalle posture solenni, e di imbattervi in rappresentazioni di donne che trasgrediscono e rovesciano tutti i vostri parametri estetici, con uno stile lineare e proprio per questo disarmante. Probabilmente ci sentiremmo sconvolti, indignati…e magari un po’ affascinati (ma non lo daremmo mai a vedere): è esattamente quello che succede alla buona società viennese di fronte a quella che è una vera e propria dichiarazione di guerra all’ideale classico.

La donna di Klimt è al tempo stesso eterea e molto più concreta di qualsiasi raffigurazione standard del periodo, di una nudità snella, pallida e senza fronzoli, ma anche estremamente provocante in dettagli come la peluria pubica rossiccia della Nuda Veritas (1899), mai vista prima, o le natiche morbide e a dir poco invitanti (per uno spettatore moderno, sconvolgenti per un buonpensante viennese dei primi Novecento) di Pesce d’Oro (1901 – 1902) accompagnate da quel sorrisetto sbeffeggiante che fa capolino da sopra alla spalla della giovane.

Se si tiene conto del sottotitolo di quest’ultima opera (“Ai miei critici”), capirete perché di quest’artista oltre che la creatività apprezzo anche il senso dell’umorismo.

Ma non è finita qui.

Al di là della mera nudità e del modo in cui viene rappresentata, a colpire è lo stesso ideale (anche caratteriale) di donna che questo artista esalta: la famosa femme fatale, che non è semplicemente una donna seducente, ma una vera e propria donna-vampiro (da cui “vamp”), incontro e connubio di amore e morte, seduzione e perdizione.

L’esempio per eccellenza? Judith (I, 1901), una Giuditta dalle labbra dischiuse e dallo sguardo socchiuso in un’espressione di estasi decisamente erotica, i piccoli seni candidi e un corpo quasi esile celebrati dal trionfo di lamina dorata e tessuto impalpabile, stringe tra le dita il capo da lei stessa mozzato di Oloferne. Una donna che fa perdere la testa in tutti i sensi…

Al di là del fondo vagamente macabro, quello che viene messo in primo piano, con forza, è il potere sconfinato di una donna autonoma, consapevole della propria mente e del proprio corpo tanto da rendere l’uomo totalmente succube. Questa donna nuova, rappresentata anche da altri artisti e letterati del periodo con ammirazione e timore, capovolge la metafora della seduzione come caccia: qui la preda è l’uomo, e se nessuno di voi ha mai rivestito questo ruolo nemmeno una volta (per le lettrici), o non ha mai visto la propria compagna in questa luce…ci rifletta. Al tempo stesso, la donna di Klimt può non essere totalmente indipendente e anzi avere bisogno di un uomo. Spero che alcuni di voi ricordino il Bacio (1907-1908), solitamente interpretato come massima espressione dell’amore romantico.
Osserviamone per bene i dettagli: la sensuale delicatezza dell’abbraccio, l’abbandono di lei e la protettività di lui, la fusione simbolica delle vesti l’una nell’altra, ci parlano non solo di due innamorati, ma anche di due amanti. Così come non riesco a non percepire nell’ampio fondo dorato quella sensazione pervasiva, di mancamento, che ci fa cedere le ginocchia isolandoci dal mondo intero quando ognuno di noi bacia e e stringe con desiderio ed abbandono.

Infine, un filone di produzione da non trascurare è la grande quantità di schizzi non colorati, che ultimamente stanno girando per l’Europa destando scalpore e stupore.

Si dice che nel suo atelier il barbuto pittore amasse circondarsi di modelle nude anche quando non dipingeva, per poterne osservare gli atteggiamenti più naturali e al tempo stesso intimi ed eccitanti.

Il risultato?

Oltre alla fama dell’atelier come luogo di perdizione, dei disegni a mio parere eccezionali (oltre che probabilmente nascosti al pubblico dell’epoca).

Le donne ritratte in questi frangenti sono in pose esplicite ma mai volgari, e ci fanno sentire come se stessimo sbirciando dal buco della serratura. Klimt entra nella loro intimità più profonda senza violarla, costruisce con loro un rapporto di complicità estrema paragonabile a quello di un amante premuroso. La modella gli dà fiducia completa consentendogli l’accesso ai lati più privati del proprio erotismo, in cui noi spettatori non possiamo che seguirlo in punta di piedi, rispettandolo ed ammirandone a bocca aperta la sensualità tanto naturale e forse proprio per questo fortemente provocante.

Il punto di forza di tutto questo? Ci mostra con sguardo affascinato una donna dai molteplici volti, una sensualità dalle mille sfaccettature, in cui ognuna di noi si può almeno parzialmente riconoscere, e che ognuno di voi maschietti dovrebbe scoprire, rispettare…e forse un po’ temere.

Cos’altro dire? Guardiamo ed ammiriamo in silenzio…magari lasciandoci ispirare.

 

Per curiosità, commenti o suggerimenti scrivimi a: Alissa@ecstudios.org