Nessuna/o è immune dallo stress, ma il modo con cui può ripercuotersi sulla salute psicofisica della persona, dipende in larga misura da come la persona stessa è in grado di gestirlo.
Per alcune persone, lo stress ha addirittura una valenza positiva in quanto scatena risorse che le portano verso la realizzazione dei loro progetti.
Per altre persone, invece, lo stress assume connotati molto negativi che hanno gravi ripercussioni sia sul benessere fisico che psicologico.
Lo stress è definito come la reazione psicofisica a ogni pressione, o evento impegnativo che si verifica nel corso della vita. Ci sono i piccoli stress quotidiani, e ci sono gli eventi importanti della vita.

Il corpo dispone di meccanismi di difesa per le situazioni stressanti.

Lo studio di come le persone affrontano le situazioni di stress, siano esse relative alla vita quotidiana o a eventi specifici gravi è stata indagata in ambito psicologico e per certi versi si sovrappone ad altri concetti.

Freud, ad esempio, aveva parlato di ‘difesa psicologica’ per indicare la lotta che l’Io mette in atto per proteggersi da idee e pensieri sgraditi o inaccettabili. Secondo Freud, in tali situazioni, l’individuo tende e ricorre a modalità quali la repressione, e l’isolamento.

Anna Freud nel suo lavoro ‘L’io e i meccanismi di difesa’ fa un ulteriore passo avanti, non solo analizzando in dettaglio i diversi meccanismi di difesa utilizzati dalle persone in situazioni stressanti ma ne introducendone di nuovi, ad esempio: l’identificazione con l’aggressore l’intellettualizzazione, la negazione fantastica.

Ci rivela, infatti, che l’individuo di fronte a situazioni traumatiche, nonostante la varietà di risorse a disposizione, tende ad usarne solo un repertorio ristretto, e fa ricorso ad un numero limitato di strategie abituali nelle diverse situazioni.

E’ come se, a fronte di situazioni contestualmente diverse,l’individuo non riuscisse a rendersene conto e si ostinasse ad utilizzare strategie difensive inadeguate rispetto a quella situazione.

La gestione dello stress

Lo stress fa parte della vita e esisterà sempre.
Imparare ad identificarlo e gestirlo può tuttavia ridurre l’impatto sul proprio benessere.
Quando possibile, la strada migliore è quella di prevenire gli effetti dannosi delle situazioni di stress.
E’ necessario non trascurare il ruolo dei fattori che possono intervenire nel far accadere o meno certi eventi: ci sono infatti sia comportamenti personali sia relazioni sociali che possono influenzare l’eventualità che certi fatti accadano.

Esiste un modello articolato in quattro tappe

1) individuazione – intesa come la capacità di prevedere gli effetti stressanti di un evento in arrivo

2) appraisal iniziale – che consiste nel definire in via preliminare il problema in modo da gestirne le emozioni iniziali che possono accompagnare la consapevolezza graduale che l’evento stressante è all’orizzonte. Richiede la formulazione di domande quali: ” mi devo preoccupare di ciò? e ”è qualcosa su cui devo prendere provvedimenti?”

3) sforzi iniziali di coping – cioè la capacità di pianificare e di intraprendere attivando le risorse che sembrano utili

4) richiedere e usare il feedback – consente di avere informazioni aggiornate sullo sviluppo dell’evento – è aumentato lo stress? ha cambiato forma? – sul fatto che l’evento stressante possa cambiare in risposta agli sforzi di coping – posso fare qualcosa o devo aspettare per vedere se è un problema? E sugli effetti prodotti dai propri sforzi preliminari sull’evento stressante – sono riuscita/o ad allontanarlo?

Ovviamente non è possibile prevedere tutto, entrano in gioco alcuni fattori legati all’evento stressante non prevedibili, quali ad esempio la velocità della sua comparsa, la presenza di molteplici segnali di pericolo, l’ambiguità, la gravità.

Il grado in cui il coping proattivo può essere attuato è moderato dall’ambiente, dall’esperienza passata e dalle risorse interne ed esterne a disposizione della persona.

Quindi i problemi vanno affrontati e le situazioni di stress ‘previste’, magari chiedendo a se stesse/i : ‘‘qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?”…

XXXXX era sofferenza. Prigioniero della sua paura degli spazi liberi, aveva sviluppato grazie a tecniche più o meno ortodosse(ammetto il mio razzismo intellettuale contro gli psicologismi new age) una serie di comportamenti che lo aiutavano a tenere sotto controllo apparente la sua agorafobia.

In genere costruiva muri immaginari negli spazi aperti, piantava alberi o steccati, dipingeva staccionate o quando la paura si faceva pericolosa si chiudeva a riccio dentro i suoi pensieri.
Ma ogni ricerca di equilibrio porta sempre in sé il presagio di un disequilibrio.

Il paradosso terapeutico è che il disequilibrio è più equilibrato dell’equilibrio stesso.

Alla terza seduta mi comunicò che non sarebbe tornato… lo lasciai andare..un buon analista deve saper lasciare andare…
Uscì dallo studio sconvolto ormai convinto di non poter più convivere con la sua agorafobia, deciso a farla finita.

Si allontanò dalla città in macchina , alla ricerca di un luogo dove nascosto alla vista di tutti avrebbe potuto metter fine alle sue sofferenze, preso dal suo proposito si ritrovò in campagna. Fermò la macchina prese la corda che teneva nel bagagliaio e iniziò a correre nel sentiero sterrato alla ricerca di un albero a cui appendersi…

Improvvisamente si fermò, guardandosi intorno,(questo raccontò molto dopo quando mi tornò a trovare), era in aperta campagna, non c’erano confini, muri, steccati, nulla che potesse delimitare la sua paura…..e non aveva paura.

Nota: siete interessati ad approfondire ? Avete domande da porre, potete scrivermi all’ospedale o chiedere un appuntamento il personale ospedaliero è a disposizione per aiutarvi a trovare la soluzione a qualsiasi problema possa oscurare la vostra felicità